Firenze 2015

In Cristo il Nuovo Umanesimo

Firenze 2015

In Cristo il Nuovo Umanesimo

Cinque giornate intense, la ricchezza del confronto con diocesi, associazioni e movimenti, con laici e vescovi. Per la prima volta Fede e Luce ha avuto l'occasione di essere presente a un Convegno ecclesiale. Firenze 2015 è stata opportunità preziosa, per portare la voce della fragilità in una Chiesa "in riforma" che vuole capire in quale direzione muoversi nei prossimi anni.

 

Papa Francesco ha lanciato molte provocazioni che anche per noi devono essere spunto di riflessione.

 

La prima: "Preferisco una Chiesa incidentata, ferita e sporca per essere uscita sulle strade, piuttosto che malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze".

Alle nostre comunità dice che non è più tempo del chiudersi nel comodo "stiamo tanto bene tra noi", occorre andare verso le famiglie che hanno sete di incontro, occorre cercare giovani desiderosi di toccare la carne di Cristo, occorre guardare i più fragili negli occhi e lasciarsi veramente trasformare dalla profondità di quello sguardo.

 

La seconda: "Non voglio una Chiesa che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. La dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo, dobbiamo radicarci in Cristo lasciandoci condurre dallo Spirito, allora emergeranno genio e creatività. La Chiesa italiana si lasci portare dal suo soffio potente e a volte inquietante, assuma lo spirito dei grandi esploratori non spaventati da frontiere e tempeste, libera e aperta alle sfide, mai in difensiva per il timore di perdere qualcosa. No al degenerare in intimismi che non danno frutto e rendono sterile il dinamismo".

 

Questo ci dice che non dobbiamo temere di incontrare altre realtà, di tentare modalità diverse di incontro, ma esplorare con creatività, sapendo che Dio non ci abbandona e di sicuro non ci lascerà affondare.

 

La terza: "Raccomando alla Chiesa l'Evangelii Gaudium là dove parla dell'inclusione sociale dei poveri, che hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio. I poveri conoscono bene i sentimenti di Cristo, per esperienza conoscono il Cristo sofferente. Dobbiamo immaginarli con una medaglia spezzata, noi abbiamo l'altra metà: la Chiesa ha una medaglia per tutti, non per pochi ma per tutti".


Da sempre ci impegniamo a far riconoscere "il posto che la persona fragile ha nella società e nella Chiesa". E' nella nostra Charta. Allora, diamoci da fare con questa mezza medaglia, perché tanti ancora non sono stati raggiunti. E la missionarietà è insita nel nostro essere cristiani.

 

La quarta: "Il Signore è attivo, voi uscite per le strade e andate ai crocicchi, quelli che troverete chiamateli, nessuno escluso. Soprattutto accompagnate chi è rimasto al bordo, non create mai né muri né frontiere ma piazze e ospedali da campo. Desidero una Chiesa lieta con volto di mamma che comprende e accarezza, sognatela anche voi, credete in essa".

Che dire? "Nessuno escluso" ci ricorda che si può fare più fatica nel rapporto con alcuni, ma non per questo si deve sempre delegare ad altri il dialogo con loro. Recuperiamo leggerezza nei rapporti e la capacità di essere strumenti della tenerezza di Dio.

Le cinque vie

Come ci interpellano le proposte emerse nei gruppi di lavoro

 

USCIRE

La prospettiva nuova sta nell'uscire con fiducia, per fornire cura e misericordia a chi è ai bordi. La condizione è riconoscere che uscire è lo stile della vita di ciascun battezzato. Avere in Cristo il modello spinge a essere liberi e creativi nel vivere la missione evangelizzatrice, più estroversi, capaci di riconoscere quanto lo Spirito opera.

 

Guardiamo ai giovani come "prima risorsa", senza temere che "commettano errori o combinino guai". Lasciamoci snidare da Cristo, nella sua identità umana e divina. Cambiamo stile, siamo chiamati ad "accorgersi di chi ha bisogno e non della sua esigenza, volto per volto".

 

Rilanciamo la corresponsabilità con gli assistenti spirituali, creiamo rete, condividiamo le esperienze.

 

 

Accogliamo il dialogo come "fatica benedetta di lavorare tutti assieme", torniamo a essere "Chiesa tra le case nella città", proviamo a "medicare le ferite di chi vive nelle periferie esistenziali", corriamo il rischio di "incidentarsi e sporcarsi le mani", teniamo "vivo il fuoco del Vangelo nella strada verso l'umanizzazione".

 

ANNUNCIARE

L'annuncio ha il sapore della gioia, che non è superficialità ma leggerezza e umiltà. Mettiamoci in ascolto, guardando al "verbo incarnato che dà attenzione a concretezza alla vita delle persone".

 

Cerchiamo di essere "carichi di prospettive e capaci di sperare", creiamo relazioni, nel  prendersi cura e accompagnare, perché "ogni persona è degna della nostra attenzione". Anche chi cammina ha bisogno di rinnovare il cuore e la propria umanità, la consapevolezza di essere amati porta a ritrovare le proprie motivazioni, ai piedi della croce. Occorre essere formati e credibili nell'annuncio, perciò anche a noi è chiesto di puntare sulla formazione, usando "linguaggi chiari e diretti, semplici e profondi". Dal convegno emerge la necessità di "includere persone disabili, immigrati, emarginati e le loro famiglie", sapendo "leggere la realtà". Ci è chiesto di camminare con la "leggerezza cristiana di chi si sente voluto bene e salvato, sospinto dallo Spirito su ali d'aquila".

 

ABITARE

Abitare è soprattutto farsi abitare da Cristo. Torniamo a imparare ad ascoltare, a lasciare spazio, ad accogliere "tutti coloro messi ai margini di un mondo impietoso verso chi non si uniforma". Facciamo emergere la dignità delle persone, perché restituiscano quanto ricevuto.

 

Ci è chiesto di "accompagnare nelle difficoltà, nella malattia e nella morte" con una "pastorale del condominio": per noi vuol dire attenzione a ogni fase della vita delle famiglie e di ciascuno.

 

Se il sogno è "una Chiesa beata al passo degli ultimi", impariamo a "fare sogni concreti" rendendo ciascuno destinatario e soggetto di formazione e missione.

 

EDUCARE

Questa via non è rivolta solo ai più giovani, ma a tutti. Occorre curare la crescita personale "partendo dall’accettazione dell'alterità"

 

Allora investiamo "nuove energie per innovare la formazione di sacerdoti e laici", in particolare sul fronte affettivo e relazionale

 

Sfruttiamo i nuovi linguaggi, divulgando le "buone pratiche">.

 

TRASFIGURARE

"Gesù di Nazaret nel suo sguardo sull'umanità non ha mai lasciato persone e situazioni come le ha trovate, ha fatto nuove tutte le cose, è lui che trasfigura non noi, bisogna non ostacolare l'opera di Dio in noi e attorno a noi ma riconoscere e aderire".

 

 

"Diamo valore allo sguardo sull'altro, al riconoscimento della sua dignità, non c'è umanità dove ci sono scarto e ingiustizia, facciamo emergere la bellezza che c'è".


Attenzione a tre fatiche:

• l'attivismo eccessivo si contrasta con esperienze significative di preghiera e soprattutto di accompagnamento spirituale

• occorre trasformare in vita i gesti della liturgia, l'essenziale sta fuori dalla liturgia cristiana (i mimi li usiamo da tempo, possiamo trovare altre nuove strade)

• è difficile tenere insieme annuncio, liturgia e carità, c'è l'urgenza di dare circolarità alle  tre componenti

 

Le vie proposte sono: ripartire dalla Parola, vivendo silenzio e preghiera nelle comunità;  riscoprire la dimensione contemplativa e simbolica dei riti; trovare luoghi di trasfigurazione dell'umano nella carità che avvolge e coinvolge con umiltà, disinteresse e gioia

 

"Anche la chiesa che prega è chiesa in uscita. Non c'è contrapposizione, non ci sono due chiese, uno è il Cristo vivente celebrato e presente nella persona del povero che è suo reale sacramento, la preghiera è primo atto di una chiesa in uscita".

 

Proviamo a "ricreare quel tipo di relazione che Gesù sapeva creare con chi incontrava", grazie a gesti semplici e straordinari per la carica di umanità che trasmettono.

Le esortazioni di Bagnasco

"Abbiamo sperimentato – ha detto il presidente della Cei, Angelo Bagnasco - la bellezza e la forza di essere parte viva del popolo di Dio, di essere responsabili gli uni degli altri, oltre la comunità cristiana fino ai più lontani e non esistono lontani troppo distanti".

Ecco la Chiesa madre: "Verso noi e verso tutti gli uomini, soprattutto gli ultimi che devono potersi sentire accolti, spronati, consolati. Devono incontrare il segno dell’amore e della tenerezza di Dio".

 

Noi siamo testimoni: "La nostra testimonianza sia limpida, il linguaggio raggiunga menti e cuore, dobbiamo avvicinarci con compassione a tante fragilità. Il santo padre ha chiesto autenticità e gratuità, ci ha esortati a prendere il largo con coraggio e a innovare con creatività. Il suo discorso e l’Evangelii Gaudium vanno meditati con attenzione".

Bagnasco ha descritto una società frammentata, dove regnano disagio e insoddisfazione, a causa della miseria culturale respirata. Dominano tempo e denaro, "il valore delle persone è legato alla loro efficienza con l’effetto di scartare e sopprimere la vita imperfetta e improduttiva. Ognuno deve cavarsela da solo è la tentazione che sprona a diffidenza e falsità, fa mancare il collante della fiducia".

 

Quindi, "c’è bisogno di luce per orientarsi e non camminare soli, serve una nuova alleanza nella vita quotidiana, occorre tenere lo sguardo a Gesù come ispirazione del nuovo umanesimo, maestro di umanità. Lasciamoci guardare da Lui, la riforma richiede di essere radicati in Cristo, in Lui ridestati alla vita. La vita si decide sulla capacità di donarsi e in questo arriva a essere feconda. La gioia del cristiano è quella di chi conosce la ricchezza della solidarietà, il condividere il poco che si possiede. Nella croce c’è la massima debolezza, la massima rivelazione: è il mistero sconvolgente che deve ribaltare i nostri criteri di valutazione".

 

Quanto alle cinque vie, diverse le esortazioni:

USCIRE:

dobbiamo per primi muoverci verso l’altro, creare ponti con i poveri e tra loro e Cristo, non possiamo non avere questa ansia nel cuore

ANNUNCIARE:

bisogna avere uno sguardo evangelico sulla realtà, è necessario essere uomini e donne di fede, il grande cuore non basta, la formazione deve interrogarci

ABITARE:

dobbiamo essere radicati, conoscere le esigenze, la carità completa l’annuncio

l’impegno cattolico nella sfera pubblica deve testimoniare coerenza e trasparenza

EDUCARE:

bisogna accendere la vita, risvegliare e serve fare rete

TRASFIGURARE persone e relazioni

scardinando le strutture di peccato, in ogni luogo dell'umano rendendoci amici dei poveri e dei sofferenti, dobbiamo riscoprire che Dio esiste e c'entra con la nostra vita

 

Infine: "L’amore raggiunge il mondo ferito, avvolgendolo e rigenerandolo a nuova vita. Dobbiamo camminare insieme, lo stile sinodale richiede precisi atteggiamenti. Esige concretezza, confronto, cura per l’ascolto, pazienza, apertura alle posizioni diverse, rispetto dei limiti di ciascuno".

 

Scritto da Angela Grassi Coordinatrice Provincia Un Fiume di Pace

Associazione Fede e Luce ONLUS

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